Il nostro Berlusconi continua a viaggiare. E da Parigi questa volta
mette insieme un accorpata lista di contraddizioni.
Da dove partire? Partiamo dal suo concetto di dialogo.
Secondo lui "si può dialogare se c'è la possibilità di dialogare, altrimenti vado avanti da solo". Ebbene, dopo una sterminata campagna di informazione; dopo aver suscitato le preoccupazioni di Spagna e Unione Europea sulle prime leggine che hanno tirato su in tempi brevissimi e che hanno gettato luce di xenofobia sul nostro Paese, possiamo dire che roba su cui dialogare ce n'era, vi pare? Gli argomenti poi erano abbastanza importanti: immunità parlamentare, impronte ai rom, aggravante penale per i clandestini, tutta roba seria. E invece, per lui, chi insiste su queste cose, magari in maniera anche stantia, non è da considerare come interlocutore.
Per lui il dialogo consiste nella tiepida opposizione di Veltroni. Se qualcuno gli abbaia contro, lui risponde che "non mi interessa, vado avanti da solo, perché gli italiani stanno con me". Anzi, dice esattamente che "l'opinione pubblica è con lui".
Certo che è con lui, perché l'opinione pubblica l'ha creata lui, l'ha formata, plasmata, con tutti i potenti mezzi che ha. Anche nel mio paesello, si è finiti con il dire, quando capita qualcosa, "saranno stati gli zingari!".
Abbiamo da una parte l'opposizione frammentata, dall'altra l'arroganza del più forte, che si rivelerà nel tempo anche la sua debolezza. Perché il vero dialogo consiste nell'ammettere di aver torto.
Infine, un'altra delle sue contraddizioni. Dice in un passaggio «Il dialogo è sempre il benvenuto se si può fare. Ma se dell'altra parte gli interlocutori hanno certi comportamenti è difficile dialogare, perché per farlo bisogna avere un minimo di valutazione positiva degli avversari».
Vi ricordate quando chiamava gli italiani coglioni se non avessero votato per lui?
Il ritorno
6 anni fa
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